sabato 21 maggio 2016

Leggiadra Stella

Mio dolcissimo amore, ho paura di vederti; sono forte, ma non abbastanza da vederti. Ti stringeranno di nuovo le mie braccia? E, se così sarà, dovrò di nuovo lasciarti? Lasciami la certezza che sei mia, anima e cuore – e morirò con più gioia che non vivrei altrimenti.



Quando Jhon Keats conobbe la sua Fanny Browne, non sapeva ancora nulla della malattia. Suo fratello si stava lentamente spegnendo per la tubercolosi e il cuore del poeta non riusciva a distrarsi dal proprio dolore. Uno dei suoi ultimi lavori, Endimione, non aveva avuto un buon successo e la sua carriera da letterato sembrava essere destinata a fallire dopo pochi anni. È qui che, come un bagliore nelle tenebre più fitte, arrivò lei: Bright Star, Leggiadra Fanciulla. Keats non sapeva nulla dell’amore, né delle donne. Non riusciva a venire a capo di quello che per lui costituiva un vero e proprio mistero, né stava cercando la compagna della sua vita, nonostante fosse probabilmente e, inconsciamente, in una paziente attesa. E così, come tutte le cose belle - quelle che arrivano inaspettatamente - arrivò anche Fanny, a portare dolcezza in un mondo tetro e angoscioso. L’amore di Keats e Fanny Browne è indubbiamente uno dei più potenti e dolci di tutta la storia della letteratura. È un amore che si alimenta della propria giovinezza e ingenuità, senza pretendere niente. E forse è proprio questo suo essere così acerbo e immaturo, come un fiore non ancora del tutto sbocciato, che colpisce come una tragica una fiaba d’altri tempi. In Fanny vi era tutto: Keats la amava come un poeta ama la sua musa, ma anche come un figlio la propria madre – la stessa che lui aveva perduto da piccolo - o un fratello la propria sorella. Quella creatura era tutto quello che desiderava e che mai aveva avuto: il premio per tanto dolore, la vita dopo tanta morte. Lei, come un piccolo angelo, leggero e delicato, era l’unica fonte di guarigione, un piccolissimo attimo di tregua dopo mesi di sofferenza, un soffio languido su una ferita aperta. “Chiedi a te stessa, amore mio, se non sei crudele per avermi irretito così, per aver distrutto così la mia libertà. Confessalo nella lettera che devi scrivermi immediatamente e dì tutto ciò che puoi per consolarmi – falla ricca come un filtro di papaveri per inebriarmi – scrivi le parole più tenere e baciale, che io possa almeno posare le mie labbra dove furono le tue. Quanto a me, io non so come esprimere la mia adorazione per tanta bellezza: voglio una parola più luminosa di luminosa , più bella di bella. Vorrei che fossimo farfalle e che vivessimo tre soli giorni d’estate – tre giorni così, con te, sarebbero più colmi di delizie di quante ne potrebbero contenere cinquanta anni di vita ordinaria.” In queste parole vi è l’adorazione estatica che solo un appassionato potrebbe provare di fronte ad una grande e magistrale opera d’arte. Fu una passione dolce, tenera, devota; un prendersi cura delicatamente l’uno dell’altro; la voglia di scoprire il proprio amore e insieme scoprirsi, in un intreccio di anime. Se non fosse che, ad un certo punto, arrivò la malattia. Come una condanna, anche Keats divenne schiavo della tubercolosi. Fanny, in tutto questo, rimase come un’ancora a cui aggrapparsi con i denti e con le unghie. “Mi sforzo di non pensare a te – ma dopo che ci sono riuscito per tutta una giornata sino a mezzanotte, appena la mia artificiale eccitazione si esaurisce, tu torni più crudelmente dalla febbre nella quale rimango. […] Tu mi assorbi mio malgrado - tu sola […]Le tue lettere mi danno vita. Non so dirti, dolce fanciulla, il mio amore.” Keats non aveva il denaro per sposare la dolce Fanny, tant’è che il loro amore si consumerà nell’ombra e nel segreto. Quando la malattia non era ancora così potente da spezzarlo, i due poterono ancora incontrarsi, attraverso un vetro, e contemplarsi. Ma poi, Keats si aggravò. I medici lo trasportarono in Italia, dove la sua creatura non potè raggiungerlo. Furono mesi di intenso dolore per entrambi. La disperazione li logorò lentamente, fino a portare dopo qualche tempo Keats alla morte. Quando Fanny ricevette la notizia, si dice che venne presa da un lancinante dolore al petto che le impediva di respirare. “Non sarà vita, senza amore” – direbbe Van Gogh. Nonostante ciò, le acque dell’oblio non hanno potuto imprigionare il loro amore. Fanny rimase nell’ombra per anni, ma dopo la sua morte i figli pubblicarono le lettere che John le aveva spedito. È così che arriva a noi, questa potente e struggente testimonianza d’amore, il suggello di una relazione che prima che carnale fu intima e nascosta. Un amore che è rimasto nella storia per essere stato sublime ed etereo. Nelle pieghe di questa storia, forse, si concentra la vera essenza di quel sentimento che reputiamo spesso irraggiungibile e lontano. Lo stesso che condizionerà – e condiziona - generazioni e generazioni di uomini. I quali, essendo mortali, non potranno fare altro che rimanerne sempre più stupiti e affascinati, proprio come di fronte a qualcosa di divino.

La malattia è un lungo sentiero, ma alla sua fine vedo te, e affretterò il mio passo quanto più possibile. Ti giuro sulla mia anima, ti ho amata fino all’estremo. Non sarò mai capace di dirti del tutto addio. Vorrei essere tra le tue braccia colmo di fiducia.

Il tuo per sempre,
John Keats

1 commento:

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