L'angoscia e il dolore. Il piacere e la morte non sono nient'altro che un processo per esistere. […] Non sono malata. Sono rotta. Ma sono felice, fintanto che potrò dipingere.
(Frida Khalo)
A volte basta un solo attimo. Qualche secondo. E non sei più
quella di prima. Frida Khalo, il 17 settembre 1925, vide spezzarsi davanti agli
occhi, in una pozza di sangue, la vita così come la conosceva fino a quel
momento. Aveva solo 18 anni quando una trave le perforò il corpo, lacerandola
dal fianco al pube. Non le furono date speranze, fu messa tra le persone a cui
non sarebbe stato prestato soccorso perché ferite quasi mortalmente. La pelona, da quel giorno, non la lascio
più. Quella bestia feroce, enorme, a volte subdola e silente, che cercò di
continuo di insinuarsi nel suo corpo per portarla via. Quell’ombra che la seguì
sempre dappertutto, senza mai darle un attimo di respiro. La morte. Eppure,
Frida non ne ebbe mai paura. Soffrì, e terribilmente, dilaniata dal dolore
fisico e spirituale, senza mai dargliela vinta. La pelona non l’avrebbe dovuta avere. E, forse, non l’ha mai avuta.
Perché se è vero che ormai Frida si trova sotto terra da molti anni, la sua
anima continua a vivere, con la stessa potenza di quando era in questo mondo,
nei suoi quadri. Frida fece dell’arte il suo riscatto, la sua rivincita sul
mondo, la sua vendetta contro la pelona.
Gridò la vita che le restava ogni giorno, forte della sua personalità e della
voglia di ribellarsi che non l’abbandonò mai. I suoi quadri sono la pura
espressione della sua interiorità, un viaggio attraverso il dolore di un’anima
che non si accontentò mai di rimanere in superficie ma che scavò a fondo. Che si
scavò a fondo. Senza mai avere paura di guardarsi dentro e di scoprirsi diversa
da come pensava di essere. Amò, intensamente,
uomini e donne, così come intensamente si dedicò a tutto quello che incontrò
nella sua vita. A testa alta. Anche quando la persona più importante della sua
vita, l’unica a cui aveva lasciato il suo cuore, la tradì con sua sorella. Come
il cervo del suo quadro, sanguinante, ferito, colpito da mille frecce,
attraversò periodi nella sua vita dove non v’era altro che tristezza e buio, dove
i riferimenti erano andati persi. Fu squarciata a due, divisa tra l’amore e
l’odio, tra la morte e la vita. Perennemente sull’orlo del baratro e ai piedi
dell’immensità. Vomitò nella sua arte tutto ciò che la distruggeva e le faceva
paura, tutti i suoi sentimenti più meschini e intimi. Sfidò la natura, la vita
stessa, vincendole sempre. E oggi, ogni volta che parliamo di lei, Frida
continua a vincere. Continua a sorridere, con quel fascino di cui tutti si
innamorarono. Continua la sua battaglia contro la morte, l’ingiustizia, la
paura, la debolezza. Mostrandoci che non c’è mai niente di troppo difficile.
Niente che non possiamo superare. Tanto, invece, da vivere e amare. Grazie,
Frida.
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Il cervo ferito, Frida Kahlo |
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