lunedì 21 ottobre 2019

Lontano dagli occhi - La parola come catarsi

«...una forma di vita che ci è sconosciuta: "vita strana", come qualcuno la chiama, o "vita 2".»
Paul Davies, Alieni

Cecilia, Luciana, Valentina: tre storie, tre gravidanze inaspettate, tre destini che in un qualche modo sembreranno sfiorarsi. E’ questo il punto di partenza di Lontano dagli occhi, l’ultimo romanzo di Paolo di Paolo. Una storia che ci racconta che « niente ci accomuna come l’essere figli» e che indaga le paure e le ansie di tre uomini e tre donne che si ritrovano improvvisamente davanti ad una sfida che ci coglie sempre - in quanto esseri umani - impreparati. Paolo di Paolo li insegue mentre traballano sul fragile filo delle proprie esistenze, cerca di indovinarne i pensieri, le domande. Ci ritroviamo, insieme a loro, ad attraversare le strade di Roma, negli anni ’80, in una sera in cui tutto sembra possibile; seguiamo le fila di amori che avrebbero potuto funzionare - se solo non fosse andata così, quella notte, se fossi ancora la ragazza di prima. Li accompagniamo in sala parto, li vediamo - impauriti - chiedersi se andrà tutto bene, se saranno all’altezza. E nel raccontare queste storie è come se lo scrittore ricostruisse in un qualche modo anche la propria, come se riempisse una parentesi che ogni giorno gli chiede il conto. Paolo di Paolo dà voce alle proprie domande, cerca delle risposte, rincorre un filo di cui intuisce solo la direzione. Partorisce, quasi, il senso di un’assenza primigenia - la consegna ai lettori. Per rivelarci, in queste pagine, che niente è più spaventoso e miracoloso di una vita che comincia e che comunque sarà, indipendentemente da tutto.


Lontano dagli occhi è un racconto sussurrato, intimo, una confessione catartica. E’ l’indagine di un vuoto e il suo riempimento, è la forza della parola che purga, che indovina destini possibili e irrealizzati. E forse non c’è niente di più straordinario di questo pulsare autentico e vitale che sentiamo dietro ogni parola; niente di più coraggioso di chi affida alla letteratura la propria vita - in un groviglio ormai diventato inestricabile. Leggendo queste righe ci si rivela - potente più che mai - l’abilità della Letteratura: quel ritrovarsi, Umani fino al midollo, nelle pieghe di una storia che non è la nostra ma potrebbe esserlo; quell’intuire, anche solo appena, un dolore, un grido taciuto, una gioia sottile.

Paolo di Paolo ci insegna che nella vita ci sono cose che non capiamo, che ci sfuggono - cose di cui continueremo a cercare il senso forse all’infinito; ma che, in fondo, siamo quello che siamo anche per i nostri irrisolti, per le casualità che hanno determinato il nostro destino, per quel groviglio di insicurezze che nascondiamo in fondo al cuore. E che la storia, la nostra storia - l’unica storia - è una trama complessa costruita da chi ci ha amato e chi amiamo, da chi ci ha scelti sin dal primo istante. Possiamo provare a seguire altre piste, rincorrere un “e se invece”, qualcosa che ci porti lontano - ma alla fine abbiamo avuto solo e soltanto un futuro, uno tra tutti. 

C’è un passo, in questo libro, che recita: «E in fondo, forse, è così: ci si capisce, tutti sappiamo qual è il punto. Vanno però trovate la parole per spiegare, e si vive come se fosse possibile trovarle davvero»
Ecco, Paolo di Paolo queste parole le ha trovate. E ha saputo raccontarci cosa significa essere figli, cosa significa essere umani - che è, poi, la cosa che ci accomuna tutti. 

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