sabato 1 febbraio 2020

Tra quotidiano e assoluto: presenze femminili nella lirica montaliana

Quando Eugenio Montale fa la conoscenza di Irma Brandeis ha poco più di trent’anni. E’ già uno scrittore affermato e dirige la più importante istituzione culturale italiana: Il Gabbinetto Viesseux. Irma, dal canto suo, è una dantista appassionata ed un’insegnante di letteratura a New York. I due si incontrano in estate: lei ha letto Ossi di Seppia da poco e ne è rimasta affascinata; lui non può che rimanere colpito dalla sua intelligenza. Nasce, ovviamente, una storia d’amore. Tuttavia non durerà per molto: è il 1938 quando Benito Mussolini annuncia la promulgazione delle leggi razziali. Irma, che ha origini ebree, si trova costretta a fuggire. Montale non la segue. Del resto non potrebbe neanche: nella sua vita c’è un’altra donna, la compagna della vita – Drusilla. Si tratta della donna che anni dopo sposerà, la destinataria della commovente Ho sceso dandoti il braccio almeno un milione di scale. Sembrerebbe, quindi, tutto finito. Ovviamente non lo è, come in tutte le storie che meritano di essere raccontate.

Irma Brandeis
E’ una costante della letteratura – italiana e non – che le donne, nel momento in cui sono irraggiungibili nella vita reale, diventino ispiratrici in poesia. Sarà proprio questa la sorte di Irma, che diventerà una costante interlocutrice nelle successive raccolte poetiche montaliane - Le Occasioni e La bufera e altro. Siamo, ormai, nel periodo di una catastrofe mondiale. La guerra si abbatte su tutto ciò che è vita e lo distrugge; la cultura sembra essere soffocata da un “messo infernale”; la resistenza inizia a cedere. C’è bisogno di un appiglio a cui tenersi stretti per sopravvivere, per mantenere ancora acceso quel “tenue bagliore” di una fede che sta combattendo una lotta interstiziale. E’ per questo che sin dall’inizio de Le Occasioni si palesa una sorta di presenza angelica, perfettamente in linea a quella che appare una apocalissi contemporanea:

Ti libero la fronte dai ghiaccioli / che raccogliesti traversando l’alte /nebulose; hai le penne lacerate /dai cicloni, ti desti a soprassalti.
(Ti libero la fronte dai ghiaccioli, Le Occasioni)

Si tratta dell’ombra di colei che solo qualche anno dopo diventerà donna cristofora: Clizia. A questa altezza cronologica è ancora solo e soltanto un ibrido tra donna e angelo (in perfetta continuità stilnovistica): ambasciatrice di una salvezza privata, pronta a sottrarre alla “follia di morte” chi vi si affida:
resiste / e vince il premio della solitaria / veglia chi può con te allo specchio ustorio / che accieca le pedine opporre i tuoi /occhi d’acciaio.
(Nuove Stanze, Le Occasioni)

E’ queste presenza che Montale invoca di continuo, tra sconforti e barbagli di speranza. Quando si palesa ha il senso di una folgore, di un’apparizione epifanica - non a caso la raccolta si intitola “Le Occasioni”.
Tuttavia il nome di Clizia compare solo nella raccolta successiva, all’interno della poesia che apertamente dichiara chi è l’Avversario: si tratta di La Primavera Hitleriana

Tutto per nulla, dunque? – e le candele romane, a San Giovanni, che sbiancavano lente l’orizzonte, ed i pegni e i lunghi addii /forti come un battesimo nella lugubre attesa dell’orda  […] Oh la piagata primavera è pur festa se raggela /in morte questa morte! Guarda ancora/ in alto, Clizia, è la tua sorte, tu / che il non mutato amor mutata serbi,/ fino a che il cieco sole che in te porti /si abbàcini nell’Altro e si distrugga / in Lui, per tutti. Forse le sirene, i rintocchi / che salutano i mostri nella sera /
della loro tregenda, si confondono già /col suono che slegato dal cielo, scende, vince / – col respiro di un’alba che domani per tutti / si riaffacci, bianca ma senz’ali / di raccapriccio, ai greti arsi del sud... 


Siamo a Firenze, è il 9 maggio del 1938 e Hitler sta sorvolando la città. Quella che è sempre apparsa come una cittadella intellettuale sembra ora essere minacciata dal più terribile dei mali storici. Il paesaggio è spettrale: tutto si è improvvisamente mutato in un gelido inverno innevato. E’ a questo punto che Clizia fa il suo ingresso, accogliendo quello che sembra essere il suo destino: proprio come Cristo, infatti, ha il compito di abbacinarsi nell’Altro (Dio, appunto) per tutti. Non più una salvezza privata, dunque, ma collettiva.


Mosca e Montale
Questa Beatrice contemporanea dagli occhi d’acciaio si trova all’estremo opposto della donna che nominavamo in apertura: Drusilla. Montale la chiamava affettuosamente Mosca, a causa della sua forte miopia - un dettaglio non trascurabile se confrontato a quegli occhi d’acciaio a cui accennavamo prima. Non si tratta certamente di una donna cristofora, dunque: piuttosto, è la portatrice di una saggezza quotidiana e minimale. E’ guida per il poeta nel momento in cui ormai la guerra è solo un ricordo lontano e tutto sembra essere diventato un’unica valanga di sterco. Ci troviamo, infatti, nel tempo dell’ “ossimoro permanente”, dove bene e male appaiono indissolubilmente legati. In questo nuovo presente Montale non riesce a orientarsi più, sballottato com’è tra le coincidenze, le prenotazioni, / le trappole, gli scorni di chi crede / che la realtà sia quella che si vede. Ed è per questo che gli è necessario un punto di riferimento, un braccio a cui appoggiarsi per scendere la lunga scalinata della vita che ha di fronte. Ha bisogno di quel che coraggio che fu il primo dei tuoi prestiti e di quella capacità di vivere negli interstizi che era propria solo e soltanto di Mosca.

Ma Drusilla, a un certo punto, muore. Ed è da questa esperienza di dolore che nascono le poesie di Xenia, una delle ultime raccolte montaliane. Solo a questo punto quell’amore quotidiano, volutamente schivato finora, prende il sopravvento, riscattando dallo scorrere del tempo il valore di un’esperienza umana a tutto tondo. Non ci sono guerre da combattere, ma imprevisti, scadenze – proprio come nella vita di noi tutti.
Verrebbe da chiedersi, pertanto, se con Xenia non si stia per caso realizzando la rivincita di quell’amore che è durato nel tempo, a dispetto delle sue debolezze. Se è vero, infatti, che il mondo non potrebbe essere salvato senza la presenza di Clizia, tuttavia solo a una donna come Mosca potevano essere dedicati alcuni tra i versi più intimi e umani della produzione di quel grande poeta che fu Montale: Avevamo studiato per l'aldilà /un fischio, un segno di riconoscimento. / Mi provo a modularlo nella speranza / che tutti siamo già morti senza saperlo.

1 commento:

  1. Parole bellissime che mi hanno ricordato di quando ho studiato Montale al liceo, chiedendomi come una poesia bella come "ho sceso dandoti il braccio almeno un milione di scale" possa essere dedicata ad una donna che era sì sua moglie ma non il suo unico amore.

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